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venerdì 11 maggio 2012

Lo strano caso dell’Aulin



 Lo strano caso dell’Aulin

UNA DELLE MOLECOLE coinvolte nell’inchiesta della procura di Torino è la nimesulide, meglio nota con il nome del farmaco che per primo ha utilizzato questo principio attivo, e cioè l’Aulin. «La nimesulide appartiene alla categoria degli antinfiammatori non steroidei, i cosiddetti FANS. È stata scoperta negli anni Ottanta da una casa farmaceutica americana, che non ne ha completato il processo di sviluppo a causa del suo elevato livello di tossicità – a parità di risultati terapeutici – e l’ha abbandonata a favore di altre molecole. Ma anche nel mondo dei farmaci esistono i becchini, società che acquistano molecole-scarto e ne tentano la registrazione, e questa è stata la sorte della nimesulide, che è passata di mano in mano per arrivare infine alla Roche, che ne ha ottenuto la registrazione col nome di Aulin»..



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L’AULIN NON E’ MAI STATO AUTORIZZATO

negli Usa, in Giappone, in Germania e in Gran Bretagna, i mercati più importanti per i prodotti farmaceutici. È stato invece registrato in Italia, dove consegue circa l’80% del suo fatturato globale, in Francia, Spagna, Irlanda e Finlandia. Il foglietto illustrativo del farmaco è chilometrico, e fra gli effetti collaterali ritroviamo reazioni epatiche gravi, inclusi alcuni rarissimi casi di decesso; lesioni epatiche, reversibili nella maggior parte dei casi, dopo un’esposizione anche breve al farmaco; emorragie, ulcere o perforazioni gastrointestinali. La nimesulide è sconsigliata ai pazienti con insufficienza renale o cardiaca, perché può danneggiare la funzionalità renale; e può ridurre la fertilità, per cui non è consigliato alle donne che cercano una gravidanza, alle donne che hanno difficoltà a concepire, e a quelle che vengono sottoposte ad accertamenti per infertilità. «La microtossicità della nimesulide è risultata chiara fin da subito, e questa è la ragione per cui la società che l’aveva scoperto non ha giudicato interessante completarne lo sviluppo, tanto più che l’efficacia del principio attivo è inferiore a quella di molecole concorrenti, come l’ibuprofene o il paracetamolo».

NEL 2002

i prodotti a base di nimesulide sono stati ritirati dal commercio in Finlandia e in Spagna (109 casi di reazioni avverse, due trapianti di fegato e un decesso), e dal 15 maggio 2007 anche l’agenzia del farmaco irlandese ne ha sospeso la vendita, a seguito della segnalazione di sei casi di insufficienza epatica grave che hanno reso necessari altrettanti trapianti di fegato.Eppure, nel nostro Paese e per molto tempo, l’Aulin è stato addirittura considerato un farmaco Otc (Over the counter), cioè vendibile senza necessità di ricetta medica. Giovanni Mathieu, presidente della Associazione dei medici internisti, lancia l’allarme: “Per molto tempo la nimesulide ha goduto della fama di un farmaco non molto rischioso, ma ogni anno noi medici internisti osserviamo un numero abbastanza preoccupante di pazienti che subiscono danni epatici e dell’apparato gastroenterico causati proprio da questa molecola”.

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 L’AIFA

replica prontamente: dopo un processo di revisione dei dati esistenti durato due anni, il Comitato scientifico (CHMP) dell’Emea (Agenzia europea del farmaco) ha stabilito che il profilo beneficio/rischio della nimesulide è positivo e in linea con quello degli altri farmaci della stessa classe e ha confermato il mantenimento della registrazione del prodotto in tutti gli Stati membri, pur restringendone le indicazioni terapeutiche e aggiungendo altre controindicazioni nel riassunto delle caratteristiche del prodotto.Di verifiche e studi per appurarne la reale pericolosità non se ne parla, solo un attento monitoraggio. Come mai? La risposta è in un filmato di due minuti girato da un regista con le stellette e finito sui tavoli della procura di Torino, in cui un mediatore passa una mazzetta a Pasqualino Rossi, vicedirettore dell’Aifa e – guarda caso – rappresentante italiano all’Emea CHMP, per lasciare tranquillo l’Aulin. «Ai tempi d’oro, il fatturato dell’Aulin arrivava a 40 milioni di euro, il che significa circa 35 milioni di margine in tasca alla Roche, perché i costi di produzione sono bassi e la ricerca è stata fatta da altri».

Cosa tutela dunque l’Aifa: la salute pubblica o il giro d’affari privato?



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